Ven. Mag 3rd, 2024

europa bucata

Il “No” Greco non è l’unico e non sarà l’ultimo

Il portale youpavia è da sempre stato di ispirazione europeista. Da sempre abbiamo visto l’UE come una grande opportunità per superare i problemi gestiti all’ “italiana” e quelli non facilmente gestibili da un unico stato perchè troppo grandi e troppo complessi.

Oggi stiamo assistendo a tutto il peggio che questa struttura sovrastatale possa offrire.
Forse oggi l’europa è divenuta piu’ italiana di quanto l’italia sia diventata europea.

Debole, inadeguata, autolesionista, senza dignità e senza amore per se stessa e per i propri cittadini; in poche parole un po’ piu’ italiana.

Sposiamo questi contenuti che qui fanno il punto della situazione nella speranza che chi ha il potere ed il dovere di decidere, lo faccia, in fretta e sempre con il fine di migliorare la qualità della vita dei propri cittadini.

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Il referendum greco del 5 luglio 2015 rimarrà nella storia per tanti motivi: è stata una consultazione popolare per dare indicazione al governo sul volere del popolo, è stato un gesto di democrazia di un governo in carica, è stato una risposta della gente all’euro-burocrazia. Nel bene e nel male è stato un avvenimento spiazzante per l’opinione pubblica europea sebbene non unico. Vediamo quali “No” ha dovuto subire l’Unione Europea.

Il secco “No” della Polonia

La Polonia ha registrato una crescita vistosa nel 2014 con un PIL che è aumentato del 3,5% rispetto all’anno prima, miglior risultato da due anni per l’economia polacca. Il ministero dell’Economia di Varsavia stima che il PIL aumenterà del 3,3% quest’anno.

La Polonia ha rifiutato più volte di entrare a far parte della zona euro e, stando ai numeri, la decisione l’ha appagata abbondantemente. C’è anche da dire che i criteri economici previsti per l’adesione alla zona euro, secondo i rapporti di convergenza della Banca centrale europea degli anni passati, riveduti e corretti in base ai criteri di calcolo del rapporto ECB 2014, non sono completamente rispettati e la legislazione polacca non soddisfa tutti i requisiti relativi all’indipendenza della banca centrale, alla riservatezza, al divieto di finanziamento monetario e all’integrazione nell’Euro-sistema sul piano giuridico.

La divisa polacca è lo Zloty Polacco e vale 0,238 euro

L’Ungheria dell’impresentabile Orban non pensa all’euro

L’anno scorso il PIL ungherese è cresciuto del 3,6%, il valore più alto in tutta l’Unione Europea. Il tasso di disoccupazione è sceso dall’11% del 2011 al 7,7% alla fine dello scorso anno. Il consumo privato così come la produzione industriale hanno ripreso a crescere. Standard & Poor’s ha rialzato il rating dell’Ungheria portandolo da BB a BB+. Tutto questo è stato realizzato senza aumentare il debito pubblico, che anzi è diminuito da un valore pari all’80,9% del PIL nel 2010 al 77,3%.

L’Ungheria del primo ministro Orban ha introdotto la flat tax al 16% per i redditi sulle persone fisiche e delle imprese. Nel 2013 ha restituito con anticipo i 15 miliardi di euro di prestito forniti dal FMI nel 2008 quando il paese era sull’orlo della bancarotta.

Grazie al controllo della Banca centrale il governo ungherese ha abbassato i tassi d’interesse dal 7% all’1,5% che assieme all’IVA al 27%, la più alta in Europa, ed all’applicazione di attività politiche che mirano a trasferire risorse dal settore privato ai consumatori e al settore pubblico, costringe le aziende fornitrici di servizi a ridurre l’importo delle bollette di acqua ed elettricità, impone le più alte tasse d’Europa sulle transazioni finanziarie, nazionalizzafondi pensione per un valore di 10 miliardi di euro, introduce “imposte di crisi”, cioè in linea di principio temporanee nei settori delle telecomunicazioni, dell’energia e dei supermercati, attività dove la presenza di investitori stranieri è predominante.

La moneta ungherese è il Fiorino Ungherese che vale 0,003 euro.

L’Islanda ha ritirato il suo “Si”

L’isola dei geyser e dei vulcani, l’Islanda, aveva chiesto nel 2009 l’adesione all’Unione Europea per poi ritirarla nel 2015 dopo aver superato un grave crisi economica che ha portato alla nazionalizzazione delle banche. In Islanda l’economia è in continua crescita, il PIL nel 2013 è aumentato del 2,7%, nel 2015 del 3,3% e tra il 2016 e 2018 la crescita è prevista tra il 2,5 e il 2,9%.
A trascinare tale crescita è l’aumento dei consumi privati che nel 2014 è stato del 3.9% e nel 2015 si dovrebbe assestare intorno al 4% per mantenersi stabile al 3% annuo fino al 2018.

La moneta islandese è la Corona Islandese che vale 0,007 euro. Nella foto una vista della capitale Reykjavik.

Il gran rifiuto della Svezia

La Svezia, nonostante sia dal 1994 membro dell’Unione Europea, ha rappresentato un clamoroso smacco per l’euro. Infatti nel 2003 il popolo svedese, consultato in un referendum popolare per l’adesione del Paese alla moneta dell’Unione Europea, ha risposto “nej“, no.
Il Paese, le cui tradizioni millenarie lo rendono una delle monarchie più antiche al mondo, utilizza come divisa nazionale la Corona Svedese il cui valore è intorno a 0,10 euro.

L’isolazionismo britannico è irremovibile

Lo chiamano isolazionismo britannico per la strenua difesa della propria indipendenza economica e finanziaria, ma la mossa della Gran Bretagna di non aderire all’euro sta dando in questi mesi ragione alla compagine governativa conservatrice che addirittura, dopo le recenti elezioni, ha garantito persino un referendum popolare sulla permanenza del Paese nell’Unione Europea. Il PIL dello scorso anno è salito al 2,8%, uno dei più alti registrati in Europa, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 5,6% e un deficit pari al 5,6% del prodotto interno lordo.

La moneta del Regno Unito è la Sterlina il cui valore e di 1,412 euro.

Danimarca “No” all’euro da sempre

Un referendum che si svolse il 28 settembre 2000 evitò l’entrata della Danimarca nell’euro-zona e la situazione dei favorevoli alla sovranità nazionale si è ulteriormente consolidata nel corso degli anni. L’economia danese ha ildebito pubblico più basso d’Europa, pari al 38% del Prodotto interno lordo pari a 224 miliardi di euro l’anno. E’ la green economy uno dei motori dell’economia danese, infatti nel 2014 ha permesso alle ditte danesi che producono tecnologia per l’energia verde di esportare beni per un contro valore di 10 miliardi di euro, l’11% in più rispetto al 2013.

La divisa nazionale della Danimarca è la Corona Danese che vale 0,134 euro.

Il grande ripensamento potrebbe venire dall’Austria

L’Austria potrebbe essere l’altra grande sorpresa dopo il referendum greco. Una petizione popolare che ha raccolto 250.000 firme è stata portata all’attenzione del Ministro degli interni austriaco per indire un referendum che chiami alla consultazione tutti i cittadini.

Vogliamo nuovamente vivere in un paese libero e neutrale, senza essere una colonia di Bruxelles e di Washington. Non vogliamo essere coinvolti in conflitti all’estero che non ci riguardano e che rappresentano un pericolo per la pace. Solamente uscendo dall’UE potremo sfuggire ai famosi accordi transatlantici di libero scambio tra Europa e Stati Uniti (TTIP) e il Canada (CETA). L’Austria recupera solo una piccola parte dei miliardi di euro che ogni anno servono alla promozione dell’UE. Di questi pagamenti annui siamo contribuenti netti da 20 anni ma non abbiamo alcun potere decisionale riguardo l’utilizzo di questi soldi“.

Questa è parte della petizione che è stata presentata ed i termini perentori non lasciano dubbi sull’intento dei promotori che non solo vogliono l’uscita dall’euro ma soprattutto dall’Europa. Prima dell’entrata nella zona euro l’Austria aveva come moneta nazionale lo Scellino Austriaco che è stato valutato 0,098 euro.

Teleborsa

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